ISBN-979-12-80200-00-6
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Prefazione
Rosanna Cioffi
Questo lavoro, frutto di una équipe di specialisti della storia del Mezzogiorno d’Italia e, in particolare, di quella della provincia di Terra di Lavoro, olim Campania felix, rappresenta un bilancio ma anche un significativo passo avanti nella storia degli studi su di un territorio ricco di stratificazioni sociali e culturali. L’occasione, come talvolta accade per un lavoro collettaneo, è stato un convegno intitolato 1818-2018. Caserta e la sua provincia, nato dalla volontà di ricordare, soprattutto ai più giovani, che nel 2018 ricorreva il bicentenario della proclamazione di Caserta capoluogo della provincia di Terra di Lavoro. Il frutto di quelle giornate di incontri e confronti, tenutesi presso il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’ a Santa Maria Capua Vetere e nella sala di rappresentanza del Circolo Nazionale di Caserta, tra il 24 e il 26 ottobre 2018, alla presenza di un folto pubblico di studenti universitari e di cittadini, rappresenta, a mio giudizio, un serio contributo alla storia millenaria di una terra – benedetta da Dio per la sua configurazione geografica e per il suo clima – focalizzato, però, sugli ultimi due secoli: un arco di tempo testimone di grandi trasformazioni socio-economiche, istituzionali e culturali che, partite dall’ insediamento carolino avviato nella seconda metà del secolo XVIII, si intensificarono nel corso del XIX e nei primi anni del XX secolo. Tale processo, interrottosi al tempo del fascismo – quando la città cessò di essere capoluogo – riprese solo parzialmente con il reintegro di Caserta nell’ambito delle province italiane nel secondo dopoguerra. Tuttavia, come si potrà apprendere dalle pagine che seguono, la città dove ha sede la più bella reggia d’Europa non sarebbe mai più ascesa a quel ruolo cui inizialmente aspirava e si avviò, salvo le dovute eccezioni in alcune attività produttive, verso un progressivo e poi precipitoso declino a cavallo tra la fine del Novecento e i primi due decenni del XXI secolo. Un convegno non celebrativo, dunque, ma di riflessione, di comprensione e di riscatto in rapporto al terribile degrado determinatosi in ampie zone di questa provincia a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Un convegno che è stato progettato con lo scopo di stimolare il confronto con le più giovani generazioni che vivono in una terra ancora bella, ma devastata nel suo paesaggio e nel suo tessuto sociale dall’incuria e, in parte, dal malaffare. Con la memoria di questo bicentenario si è voluto invece comunicare l’importanza iniziale di una provincia prestigiosa in età borbonica e di tutto rispetto nel panorama italiano postunitario. Anzi, si potrebbe sostenere che nella sua prima fase storica, partita da un riconoscimento politico-amministrativo già posto durante il cosiddetto Decennio francese, Caserta potesse aspirare ad un giro economico e culturale di respiro anche internazionale. Il convegno dunque è stato pensato per risalire a quei fatti, ricordando le forze e risorse umane che contribuirono alla nascita di questa provincia; affinché sulla base di tali premesse storiche si potessero tracciare delle linee di azioni e di buone pratiche per il presente e ancor più per il futuro. Ci auguriamo, dunque, con la pubblicazione di questi Atti, di sottolineare l’importanza della cultura e della conoscenza, collegandole anche al ruolo che svolge l’Università di questo territorio – simbolicamente intitolata al grande architetto, ingegnere e cultore delle umane lettere Luigi Vanvitelli – la quale è impegnata da circa tre decenni nell’alta formazione dei giovani della provincia casertana e nella crescita del tessuto culturale dell’intera comunità degli abitanti di Terra di Lavoro. Insomma un collegamento tra ciò che caratterizza la tradizione accademica, ovvero la ricerca e la didattica ad essa legata, con quella che oggi viene chiamata Terza missione dell’Università, imperniata sulla divulgazione, in questo caso, della grande storia di un territorio ricco di preesistenze archeologiche, artistiche e monumentali, di un clima mite, di fiumi, di accoglienti approdi marini, di una terra tra le più fertili del mondo che sarebbe un errore, anzi un delitto, lasciare ancora al degrado spesso causato dalla mano di un uomo ignorante e malversatore.
Questa pubblicazione lega al ricordo del bicentenario un’altra felice circostanza: l’uscita del primo Quaderno di Polygraphia, la recente rivista on line del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali dell’Università di questo territorio. Il comitato scientifico, presieduto da Maria Luisa Chirico, direttrice del Dipartimento, e da Carlo Rescigno, vicedirettore della rivista, ha ritenuto importante iniziare la sua collana con un omaggio a Terra di Lavoro, la provincia alla quale la giovane ma ferrata ricerca del suddetto dipartimento ha già dedicato numerosi studi, cui si aggiungono, in modo significativo, questi Atti. Per dovere di cronaca, visto che di storia si parla, mi corre l’obbligo di ricordare che la prima sollecitazione a progettare queste giornate di studio partì da due noti ricercatori di fatti meridionali e rappresentanti di prestigiose Istituzioni di storia e cultura del Mezzogiorno: Paolo Franzese, allora direttore dell’Archivio di Stato di Napoli e Renata De Lorenzo, direttrice della Società Napoletana di Storia Patria, la quale individuò subito nell’Ateneo vanvitelliano l’interlocutore primario cui affidare l’iniziativa, coinvolgendo una ‘squadra’ di docenti universitari comprendente, oltre i citati studiosi, gli storici: Marcella Campanelli, Giuseppe Cirillo, Giulio Sodano; e la sottoscritta, in veste di prorettrice alla cultura di UniCampania. Tale gruppo accolse il progetto iniziale che prevedeva varie sezioni dedicate alla storia, al territorio, alla società, all’arte e alla cultura in generale e chiamò a raccolta per il convegno quei ricercatori che maggiormente si erano occupati della storia di Terra di Lavoro tra Otto e Novecento.
Una riflessione è ora necessaria rispetto al fatto che relazioni tenute circa due anni fa si pubblicano solo oggi. Al di là dei tempi fisiologici richiesti dalla messa a punto della stesura di quegli interventi e ai tempi del loro referaggio, occorre rilevare che essi vedono la luce in un tempo particolare, complesso e delicato quale è quello del coronavirus, una pandemia che ha sconvolto il mondo intero nel corso dei mesi dell’annus horribilis 2020 e il cui termine non è ancora prevedibile. Mi sento dunque di affermare che queste ricerche, scritte e pubblicate nel corso degli ultimi mesi, si connotano anche come esempio di continuità di ricerca da parte degli studiosi coinvolti che hanno lavorato in condizioni nuove e per certi versi inimmaginabili. Essi ci danno una testimonianza di lavoro utile per comprendere sul come si è proceduto in un tempo di pandemia che ci ha costretto al distanziamento sociale per circa tre mesi, obbligandoci a comunicare solo attraverso piattaforme virtuali. Questa pubblicazione, dunque, trasmette un messaggio agli studenti di ieri, di oggi e del domani non solo per i suoi contenuti ma anche per come si è lavorato per portare a buon fine una ricerca che parla di archivi, biblioteche e musei mentre questi risultavano del tutto inagibili tra il marzo e il giugno 2020 e ancora adesso sono fruibili in condizioni limitatissime. Un messaggio positivo e costruttivo rivolto alla comunità degli studiosi costretta nel periodo di isolamento totale a studiare e confrontarsi solo in accesso remoto, ma anche un racconto per gli appassionati di patrie vestigia che alimentano con il loro interesse la continuità di una tradizione identitaria. Ma il Quaderno vuole essere anche una narrazione di respiro storico per quegli allievi, cittadini di Caserta e della sua provincia, che con grande impegno hanno continuato il loro lavoro di discenti sia pure costretti a studiare e comunicare con i loro docenti tra le mura casalinghe sempre e solo on line. Pur all’interno delle diseguaglianze sociali che tale pandemia ha tragicamente messo in luce – mi riferisco in questo caso alle difficoltà relative al possesso da parte di alcuni studenti di adeguata strumentazione – c’è da riconoscere lo sforzo che tutto il mondo universitario ha messo in atto per utilizzare strumenti digitali: sia sul piano della didattica che su quello della ricerca, facendoci toccare con mano l’importanza e l’utilità delle piattaforme e dei siti connessi alla rete. Il che conferma l’opportunità della scelta di proporre Polygraphia in versione on line; una scelta che si è rivelata già vincente all’interno del progetto improntato alle Digital Humanities con cui il Dipartimento di Lettere e Beni Culturali di Unicampania ha vinto, proprio nel 2018, il bando MIUR per i dipartimenti di eccellenza delle Università italiane. Un primato che ha posto il DiLBeC tra i migliori 180 d’Italia e primo nel Mezzogiorno per quanto riguarda il settore delle discipline umanistiche.
Qualche parola, a volo d’uccello, nel merito del convegno per introdurre alla lettura dei vari contributi che rispondono ad un organico disegno e ad una precisa proposta metodologica che pone alla base di ogni relazione le testimonianze documentarie, che ci trasmettono la memoria del passato attraverso l’uso di linguaggi verbali e non verbali. E in un periodo particolarmente duro e complesso per la vita degli archivi, delle biblioteche e dei musei, trovo significativo che questi Atti si aprano con un saggio di Paolo Franzese dedicato alle fonti archivistiche della provincia di Caserta, che ci ricorda la centralità dei documenti quali strumenti indispensabili per qualsiasi ricostruzione attendibile di un fatto accaduto. Una centralità che oggi più che mai occorre ribadire in un tempo in cui ogni notizia, vera o falsa che sia, si consuma e si brucia in un nanosecondo attraverso i social media. Certo occorrerà provvedere, e in parte si sta facendo, alla digitalizzazione completa di tutti gli archivi e forse in un ‘futuro remoto’ anche delle biblioteche. Ma intanto, in questo lungo frattempo, occorre e occorrerà tutelare l’esistente, preservato amorevolmente per secoli da generazioni di storici, filologi, archivisti e bibliotecari. E ancora, bisognerà continuare a formare figure professionali di conservatori consapevoli conoscitori dei materiali di cui sono custodi e, al tempo stesso, capaci di utilizzare tutti i supporti digitali indispensabili per la futura fruizione dei suddetti dati documentari. Un patrimonio culturale materiale e immateriale indispensabile per gli studiosi e affascinante per quel pubblico sempre più vasto di appassionati ricostruttori della propria identità culturale. Un patrimonio, la cui tutela, insieme con quella del paesaggio è sancita dall’articolo 9 della nostra Costituzione. Da tali considerazioni ne deriva che questa pubblicazione vuole mettere un tassello nel mosaico di appelli ai Ministeri competenti per l’Università e i Beni culturali, affinché intensifichino la formazione scientifica di giovani competenti provvedendo, soprattutto, ad un loro maggiore riconoscimento professionale e alla loro occupazione nell’ambito di tali miniere di conoscenza. Non tocca a me entrare nel merito della presentazione dei vari contributi, tutti dovuti a studiosi riconosciuti nella comunità scientifica. Mi limiterò a preannunciare che, per quanto riguarda la sezione strettamente storica, essa spazia e si articola sui fatti politici ed economici di Terra di Lavoro dai primi anni dell’Ottocento fin quasi alla fine del Novecento. La seconda ospita studi incentrati sull’analisi delle componenti socio-territoriali di Caserta e della sua provincia, con significativi affondi sul piano della cartografia storica, dell’organizzazione amministrativa, dell’urbanistica, delle migrazioni e dell’andamento demografico e sul paesaggio nella storia del diritto. Un pregio del convegno è stato il suo carattere interdisciplinare; per cui non furono invitati solo storici di stretta osservanza, ma anche studiosi di Istituzioni legate al mondo dell’istruzione e della cultura, come scuole, musei e biblioteche, di storia della cultura classica e dell’arte: quest’ultima coniugata in campi più inediti come la grafica editoriale, il contemporaneo e la cinematografia. Fu questa la terza sezione, che presenta relazioni affidate non solo a studiosi e docenti universitari di lungo corso, ma anche a giovani e promettenti ricercatori, formatisi nell’ambito dell’alta formazione del nostro Dipartimento, cresciuti attraverso esperienze scientifiche internazionali, i quali rappresentano la continuità e la speranza per l’ulteriore crescita culturale e scientifica del polo umanistico dell’Ateneo.
Chiudo ringraziando i quattro curatori di questo lavoro e, in particolare, i colleghi Giulio Sodano e Giulio Brevetti che si sono accollati il lavoro certosino di sollecitare i relatori a mandare i loro contributi, passarli al vaglio dei referee, curarne l’editing. Desidero infine esprimere il mio personale apprezzamento al nuovo rettore dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, Giovanni Francesco Nicoletti, che ha voluto sostenere questa pubblicazione anche in formato cartaceo al fine di farla circolare nelle biblioteche pubbliche e degli affezionati ai libri stampati.